Ed ecco che finalmente,
dopo aver vissuto intensamente
e conosciuto gli inganni della mente,
l’uomo che ritrova se stesso
interiormente
si lascia andare
sempre più spesso
all’ascolto delle dolci sinfonie
che allietano tutte le feste
avendo egli raggiunto,
abbandonato il possesso,
la meravigliosa, magica,
“Pace Celeste”
… “Come prima abbiamo visto il cattivo soffrire di un continuo, logorante, interno tormento per la violenza della sua volontà, ed alla fine placare, alla vita dell’altrui pena, la tremenda sete della propria caparbietà, quando sono esauriti tutti gli oggetti della volontà; così è, per contro, pieno d’intima gioia e di autentica pace celeste colui il quale, dopo una grande sofferenza, ha trovato l’intima gioia esultante, la pace imperturbabile, una profonda quiete ed un’interiore serenità. Una condizione alla quale noi, se vista con i nostri occhi o per la forza dell’immaginazione, non possiamo guardare senza il più grande desiderio, riconoscendola subito come la sola giusta, che supera infinitamente ogni altra cosa, e per cui il nostro spirito ci grida il grande sapere aude (Abbi l’ardire di essere saggio n.d.t.). Noi sentiamo allora che ogni appagamento dei nostri desideri, strappato al mondo, è solo come l’elemosina che oggi mantiene in vita il mendicante, affinché domani patisca di nuovo la fame… Afferriamo, finalmente, il piacere estetico del bello, essendo penetrati nello stato di pura contemplazione, dove siamo esentati da ogni volizione e da ogni preoccupazione, liberandoci di quella parte di noi che ci teneva legati nella nostra implacabile prigione. Non siamo più l’individuo che conosce allo scopo del continuo volere, il correlato della cosa particolare, per il quale gli oggetti diventano motivi, bensì l’eterno soggetto della conoscenza, libero di esprimere la propria saggezza. Emergiamo, per così dire, dalla pesante atmosfera terrestre, potendo dedurre quanto beata può essere la vita di un uomo, la cui volontà è continuamente affascinata dal godimento del bello, che riscopre quella brillante scintilla che lo mantiene eternamente in vita. Un tale uomo che, dopo molte lotte accanite con la sua stessa natura, è uscito alla fine pienamente vincitore, resta pur sempre un essere pienamente cosciente (consapevole della propria beatitudine n.d.r.), un limpido specchio del mondo. Nulla più lo può angosciare, nulla più lo può commuovere, poiché egli ha reciso tutti i mille fili dell’Io che lo tenevano legato al mondo, trascinandolo di qua e di là con dolore costante sotto forma di brama, timore, invidia ed ira. Egli, ora, tranquillamente e sorridendo, volge indietro lo sguardo alle immagini illusorie della mente, che furono un tempo capaci di commuovere e di tormentare anche il suo animo, ma che adesso gli stanno davanti indifferenti come dei pezzi di scacchi a fine partita oppure come i vestiti da maschera, di cui ci si è sbarazzati alla mattina, e le cui forme ci avevano preso in giro ed inquietato nella notte di carnevale. La vita e le sue forme si librano ormai davanti a lui come un fenomeno incantevole, non più sfuggevole come nel dormiveglia di un leggero sogno mattutino, nel quale già trapela la realtà che non lo può più ingannare”…
Fonte: SCHOPENHAUER, “Il mondo come volontà e rappresentazione” (pag. 422-423 © 2011 Newton Compton editori s.r.l. Roma – prima edizione) con elaborazione a cura dell’autore del blog
Un intervento che merita di essere letto:
http://itesoridiamleta.wordpress.com/2011/04/26/il-maestro/
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